Umore/umorismo/ironia

Come si alimenta il “buonumore”? Che legame c’è tra buonumore e umorismo? E tra umorismo e ironia? Il distacco, la finzione, il capovolgimento dell’ironia come intervengono nell’alimentare, se lo alimentano, uno stato di buonumore? Il buonumore è un concetto “relazionale”, sociale?

Mi facevo queste domande, più o meno consapevolmente, mentre guardavo, qualche sera fa, la trasmissione di Cochi&Renato su RaiDue “Stiamo lavorando per noi“. Dico subito che ho una passione infantile (cioé dall’infanzia) per loro, e che ogni appunto o rilievo ad elementi di presunta debolezza della trasmissione risulta per me un elogio all’inattualità essenziale e meravigliosa della loro comicità poetica. Riflettevo sul concetto di “buonumore” guardandoli cantare con Jannacci e Boldi. E mi chiedevo come io riesca, se ci riesco, quando ci riesco, ad alimentare il mio buonumore. Io che, in fondo, sono un umorista triste.

15 thoughts on “Umore/umorismo/ironia

  1. il buonumore è quello stato di grazia che difficilmente si impara. è nel dna e si autoalimenta generando l’ironia.
    nei casi più fortunati, ma ahimé rari, si riesce ad ottenere autoironia.

    sai che per me cochi&renato son meglio in biancoenero?
    forse è colpa dei ricordi.

  2. - Prof, è un complimentone!! Sono un appassionato anche di Buster Keaton. Ho letto una sua bellissima autobiografia…mi pare pubblicata da Feltrinelli….

    - Giarina, temo tu possa avere ragione. In tal caso inutili sarebbero le ricette e le risposte al quesito su come si può rigenerare il proprio buon umore. Ma, in effetti, l’autoironia, almeno per me, contribuisce al mio buonumore :-)

  3. Ecco, a me BK deprime nonostante ne riconosca la bravura… anzi, mi immalinconisce e poi deprime…

    mentre Cochi e renato mi piacciono si da bambina e pensa Mat, stamattina mentre ero in bagbo sentivo dalla casa vicina una voce che cantava “la vita l’è belaaaaaaaa”… eri mica tu?:)

    ps: io ancora aspetto la serenata promessa, visto mai?:)***

  4. Preferisco ridere, piuttosto che sorridere. Non so se c’entra. E’ che mi chiedevo perché metti in relazione il buonumore con l’ironia, e non piuttosto (come mi sembrerebbe più logico) con l’allegria…

  5. - Mf, no non ero io a cantare. Canto solo in auto…. Per la serenata ci attrezzeremo dopo Sanremo :-) (Forza Simone!!)

    -Unt, la risata ha tante sfumature quante ne ha il sorriso. Ma il sorriso lo preferisco. Anche se mi capita di ridere, fortunatamente. Collegavo l’ironia perché la vedo come una risorsa più fluida, ipodermica, quotidiana, per alimentare il buonumore. L’allegria è un concetto troppo metafisico per me (tipo la “felicità”) quindi ha a che fare con la filosofia, in qualche modo…

  6. Beh sì, come per la risata: mi capita più spesso di dichiararmi “felice” che “serena”. Oppure anche: preferisco un “odi et amo” a un “mi piace abbastanza, tuttavia…”. Non sopporto più tanto le sfumature di una cosa nell’altra: crescendo mi sono accorta di preferire gli imbrogli, le matasse, il conflitto, l’esasperazione. Quindi confini frastagliatissimi, ma netti e riconoscibili. Sono di quelle persone che dal troppo ridere passano di botto a un pianto inconsolabile – però ho esperienza viva del buonumore, tanto da non trovare necessario interrogarmi sul che cosa sia, né tantomeno sul come si faccia ad “alimentarlo”. Buon per me?
    :)

  7. -Unt, ciclotimia? Sono contento per te se hai esperienza diretta di buonumore. Interessante sarebbe, poi, introdurre i possibili collegamenti tra “serenita” e “felicità”. Cosa include o presuppone l’altra? Esiste una felicità inquieta ed una serenità triste? Vedi, siamo in campo apertamente filosofico, qui siamo già al largo ed io so nuotare appena :-) Io, ad esempio, proponevo “operamondo” egoisticamente, come nuovo “gioco” per alimentare il mio buonumore…

    Giarina, non l’ho letto. Mi metterò in pari….

    Mf, un grande 2007 aspetta Simone!!! E tutti i suoi amici :-)

  8. a) Umpf, vabbè, su Simone glisso (soprattutto se la canzone è davvero bella come dice).
    b) Su Buster Keaton non avevo dubbi (e del resto ‘umorista triste’ mi provoca in automatico l’associazione).
    c) A me spesso l’ironia provoca crasse risate – nelle mie ‘fasi su’ da ciclotimica mi sganascio spesso (Giari direbbe che ho “una risata che cancella l’inverno”), eppure diffido delle persone che sorridono sempre.
    d) In realtà ero venuta, a lei che ama i paralleli fra blog e casina, per lasciare un link allo splendido intervento di Mante sul punto … (ché se non lo faccio ora poi me ne scordo).

  9. Mentre umorismo e ironia (se sono profondi e solidi comprendono per forza autoironia, sennò sono pose, scimmiottamenti), li trovo intimamente collegati, non riesco a trovare un facile collegamento col buonumore. I primi sono sguardi complessi, contraddittori, sul mondo. Contengono un “nonostante”, una concessione. E un surplus di intellettualismo, detto senza negatività alcuna. Il secondo è uno sguardo innocente, integro (intregu, in genovese, dialetto umoristico e disincantato come pochi, vuol dire ingenuo fino all’ottusità)sulle cose. Il buonumore non ha le venature bluastre dell’umorismo. Non a caso Giarina lo definisce uno “stato di grazia” e Unts lo apparenta all’allegria, se non (addirittura!) alla felicità. I grandi umoristi non sono sempre stati dei pessimisti?

  10. Quindi, mi pare di capire, riassumendo, questo “buonumore” non è poi così tanto comune e ben distribuito….e non c’è nemmneo una ricetta per crearlo, per sé e per gli altri. Il tema, dunque, merita un approfondimento….

  11. Domenica mattina ho visto (rivisto) “Totò Diabolicus”. Il buonumore è sorto spontaneo e la risata alla battuta “lei ha qualche ruga… Rugantino!!!” esplosa gioiosa…. ovviamente il pensiero è andato all’amico pisano adoratore di Toto’;-*

  12. Per me il buonumore è una condizione fisica, come il benessere, impermanente e poco controllabile, infatti “si guasta”, talvolta senza cause apparenti. Qualcosa che attiene al profondo, e viscerale. L’illogica allegria di Gaber.
    Senso dell’umorismo, ironia e autoironia sono attitudini personali che invece caratterizzano la modalità del pensare (un’attenzione alle incongruenze logiche, ai paradossi) e non vengono meno nemmeno nelle situazioni più drammatiche (Come sostiene la mia amata Szimborska, “Sui valichi tragici il vento fa volar via i cappelli, e, tutto sommato, lo spettacolo ci diverte”).
    Che bella l’autobiografia di B.Keaton! (si intitola “Memorie a rotta di collo” e si trova nei tascabili Feltrinelli).

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