Sergio Endrigo, mio padre

Il lavoro di ricerca che Claudia Endrigo ha realizzato sulla biografia del padre è qualcosa che va ben al di là della semplice cronologia di una vita d’artista (i successi, gli album, le collaborazioni, gli incontri, gli aneddoti privati, i momenti d’ombra…) perché ci restituisce completa l’umanità e la poetica di un cantautore fondamentale nella storia della cultura italiana del secondo Novecento facendocelo conoscere, in prima persona. Dalla lettura di queste sue pagine si esce con la sensazione netta di “aver conosciuto” Sergio Endrigo, non solo le sue canzoni più famose, ma la sua personalità, il suo sguardo sul mondo. Perché il nostro Paese ha dimenticato Endrigo? Perché la sua figura non è ancora stata, per così dire, “canonizzata” dai media nella cerchia degli artisti più rilevanti del nostro tempo? Cosa ha contribuito a segnare un precoce e inspiegabile oblio di una voce di poeta tra le più riconoscibili e originali della forma canzone? Le risposte stanno in questo libro necessario che con tenacia, pazienza e tanto amore Claudia ha scritto mettendo in pratica, mi pare, proprio il titolo di uno dei lavori più incredibili realizzati dal padre, quel “La vita, amico, è l’arte dell’incontro”, inciso nel 1969 con Giuseppe Ungaretti, Vinicius de Moraes e Sergio Bardotti. Perché è attraverso gli incontri, le testimonianze degli artisti, dei collaboratori, degli amici di Sergio che qui la sua storia prende corpo e luce.

Endrigo fa parte di quel ristretto numero di artisti che non hanno voluto, per così dire, “scendere a compromessi” con il progressivo imbarbarimento non solo, o non tanto, del mercato discografico quanto della società tutta, e che hanno conservato intatta la propria identità estetica, che ha coinciso quindi, con una scelta di tipo etico. In un Paese cambiato troppo in fretta, tra gli anni Sessanta e gli Ottanta, il sorriso elegante e malinconico di Endrigo esprimeva un distacco, una nobiltà davvero estranea al presente. Al tempo stesso, le sue canzoni, i suoi testi e i progetti che seguiranno il periodo d’oro dei primi anni Sessanta, mantengono a distanza di tempo una forte originalità proprio perché frutto di un lavoro di artigianato autoriale slegato dalle mode.

Spesso si usa dire che in altri paesi, con altre culture musicali e orgogli nazionalistici (la Francia, gli Stati Uniti…) artisti come Endrigo sarebbero stati venerati quali monumenti nazionali dell’Arte, della Cultura, e già ben illuminati da onori in ideali “Hall of fame” o “Pantheon” nazionali. Allora noi dobbiamo adoperarci non solo perché questo avvenga anche nel nostro Paese, per Sergio Endrigo, ma che avvenga perché cambiamo la “cultura” del nostro Paese, perché cerchiamo di cambiare il metro con cui si misurano la qualità e il valore artistici nel nostro Paese. Claudia, con questo libro prezioso, ha iniziato a farlo e noi, leggendolo e ricordando Sergio Endrigo, possiamo continuare con lei.

(Ringrazio Claudia, anche per la bella dedica che mi ha donato inviandomi copia del volume)

Sergio Endrigo, mio padre (Feltrinelli)

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