La prima cosa da mandare a memoria è il nome, perché il nome salva dall’oblio, perché “lavapiatti bengalese” non basti, non ci basti, il nome e cognome di Zakir Hossain* da mandare a memoria. Leggo molti articoli nella rassegna stampa di oggi dedicati alla morte di Zakir. E leggo le reazioni nelle bacheche di facebook, delle persone che, come me, frequentano il ristorante dove Zakir lavorava: tra la conoscenza diretta (il ricordo del suo volto) e quella indiretta (i piatti preparati o lavati da lui) oscillano le impressioni; e poi le ipotesi, le ricostruzioni, le testimonianze. Vedo la calma di Zakir, la costitutiva calma che, un po’ per stereotipo un po’ per verità, associamo a molti popoli dell’Asia meridionale, attendere in strada l’insensato scoppio di violenza che lo ucciderà. Ora aspetto di sapere un altro nome, quello dell’omicida, poco importa se italiano o straniero, per poterlo poi dimenticare.
*Zakir Hossain (1980-2014) morto a Pisa, lunedì 14 aprile 2014, aggredito in strada di notte (qui la notizia de Il Tirreno; qui la notizia su PaginaQ)