Potremmo dire, allora, che “La persecuzione del rigorista” è, in realtà, una sottile allegoria sul rapporto tra creatore e creatura: “…e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male“, recita il “Padre Nostro”. Il racconto di Ricci è l’esatto rovesciamento di questa parte del Padre Nostro. Una specie di teorema, geometrico, per rovesciare la preghiera più essenziale della cristianità. Perché Dio dovrebbe indurci in tentazione?
L’interpretazione completa del rigorista è oggi pubblicata su Nazione Indiana. Tra l’altro, rimasticando in testa il titolo del libro di Luca, e dopo aver letto la recensione del volume “Storia della castità“, ho pensato che “La persecuzione del rigorista” funzionerebbe anche bene come definizione della parola “sesso”.
Ci vuole rigore per non cadere in tentazione, insomma?
Lei mi preoccupa, sa?
ps: Che poi io, su tanti presunti CASTI storici, qualche dubbio lo avrei.