Nelle case dei poeti – Raffaele Niro

È stata la casa di mia nonna dagli anni ’60 fino alla fine dei suoi giorni, poi è diventata casa mia. La mia casa-biblioteca dove andavo a dormire ogni tanto, ma proprio ogni tanto, quando non ero in giro e quando non mi serviva un libro, un libro in particolare, che andavo a riprendere, all’occorrenza. Ci sono libri dappertutto, dalla cantina al bagno, passando per tutte le altre stanze, veranda compresa. La casa è in uno dei quartieri più popolari della mia città, San Severo, e da qui, nei pomeriggi d’estate, sono lo spettatore privilegiato delle cicale in concerto. È la cosa che più mi piace di questa casa, i concerti delle cicale d’estate. La sua quiete.
65 metri quadri che ho sempre vissuto da single. Stefania, la mia compagna, l’ha vissuta davvero poco. Mio figlio Gioele l’avrà visitata meno di dieci volte in tutto, Gaia l’ha vista solo due volte, sicure, nette, precise. Con loro ho vissuto poco più di un anno in un’altra casa, sempre a San Severo, in via Circe 17, prima dell’apocalisse. Dopo l’apocalisse siamo stati un anno a Monte Sant’Angelo, nel rione Junno, in via Balduino 37. Poi la decisione, prima di una casa che Stefania sogna e disegna pezzo per pezzo ogni tanto, la decisione di vivere assieme in questa casa, quella casa che è stata di mia nonna, quella casa che è stata la mia biblioteca, questa casa qui che sarà la nostra prossima tana. Perché una casa sarà quattro mura, ma è anche altro. È il luogo dove si leccano le ferite, dove si respira l’aria che ti nutre il carattere, dove custodisci i tuoi segreti, una casa è soprattutto il luogo dove vedi nascere le tue passioni. Io già me lo vedo Gioele che si metterà a leggere i titoli sui dorsi e ne sfilerà uno, poi l’altro. E Gaia uguale, solo più discreta, più ordinata. E questa casa qui sarà la casa che vedrà uscire Gioele per il suo primo giorno di scuola, Gaia per il suo primo giorno d’asilo. Poi si vedrà. Di sicuro, per ora, questa casa qui è in ristrutturazione. Tutto e fuori posto, la cantina tracima, i libri sono tutti per aria, un po’ qua, un po’ là, un po’ fuori ad osservare i cambiamenti, un po’ nelle scatole rotte.

Tolta la vecchia stufa che scaldava mia nonna è venuto fuori che il muro dietro si è scrostato per il calore. E sarà una mia fissa quella di provare a dare un senso alle vecchie serrature, ai buchi nei muri, ai muri scrostati, ma in questo muro ci vedo i profili dei miei figli. E mi sembra un buon segno, una sorta di benvenuto. E così si stanno aprendo spazi per far circolare meglio la luce ed il calore. Che poi tutto questo ambaradan della vita, dei traslochi, delle case, si fa sempre per essere un po’ più vicini al sole. O più o meno quella roba lì, quella roba che ti fa stare meglio, assieme.

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