Cosimo Valdambrini

Quando Cosimo Valdambrini guardò il nome della strada, questo svanì come cancellato dal suo stesso sguardo, assorbito nella fuliggine della pietra d’angolo dei palazzi più antichi. Una toponomastica labile e imprevedibile lo aspettava dietro ogni angolo solo per confonderlo e prendersi gioco di lui; non c’era strada, infatti, che mantenesse il suo nome per due giorni di seguito; e quando lui passava due volte, sempre più confuso, dallo stesso punto in una stessa giornata, le targhe prendevano, allora, a sciogliersi l’una nell’altra, permutando le lettere l’una con l’altra. Via Genova poteva in un fiato far cadere il “Ge” e prendere, da Piazza Ravenna, un “Ra”,  per presentarsi poi come Via NovaRa.

Questo era l’incipit di un raccontino, titolato “Tracce”, che sta dentro un’antologia uscita nel 2006 (Caffè ristoro, ETS) ed è forse la prima volta che ho usato il nome “Cosimo Valdambrini” per battezzare un personaggio. L’onomastica letteraria mi ha sempre appassionato molto, ma non so bene il perché.  Successivamente, il nostro Cosimo comparirà ancora in un altro racconto, in un’altra antologia, dedicata a Pisa (“Pisanthology”, Giulio Perrone Editore 2007) dove sarà un barbone a spasso per i bar della città; e poi in “Giocattoli” (Felici editore, 2010) dove sarà finalmente protagonista d’una vicenda metafisica e metà psicanalitica dal titolo “Del diario e della pazzia di Cosimo Valdambrini” (che Luca Ricci sostiene essere l’unica cosa narrativa quasi decente che ho scritto, e io mi fido di lui).

Così, quando ho immaginato un nome per il sassofonista del monologo di “Tacabanda” (che tra poco più di un mese andrà in scena a Montalcino), mi è sembrato naturale chiamarlo ancora Cosimo Valdambrini, chiudendo così il cerchio dell’origine musicale (Oscar Valdambrini, trombettista jazz degli anni Cinquanta e Sessanta) che aveva battezzato la mia creaturina di carta.

Il mio unico dispiacere, se proprio devo dirlo, è che esistano anche dei “veri” Cosimo Valdambrini, all’anagrafe e all’anagrafe dei socialnet.  E cioè che la biografia letteraria dei miei vari “Cosimo Valdambrini” non sia l’unica certificata (l’unica verità è la finzione) e tramandabile, ma che debba confrontarsi anche con delle biografie “fattuali”, per così dire, e parallele, involontariamente parassitarie. Ora, il mio impegno di scrittore è, ovviamente,  rendere il mio Cosimo Valdambrini eterno e tale da trasformare i Cosimo Valdambrini “anagrafici” in degli omonimi, anonimi.  È un’idea di letteratura, credo.

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