Somiglianze di famiglia

Avevo iniziato a scrivere un libro, tempo fa, o meglio un quaderno, col titolo “Somiglianze di famiglia”. Lo immaginavo come progetto successivo a “Dire il colore esatto”, ma ora non so bene se lo continuerò. Guardando delle vecchie foto a casa di mia zia, ho trovato questo ritratto familiare: ci sono i miei nonni paterni, Mario Agostino e Maria Fililde, mio padre Giorgio bambino, e sua sorella, mia zia, Graziella. È una foto scattata alla fine degli anni Quaranta, a Lerici. Il 25 aprile del ’45 era là vicino. Nella camicia bianca di mio nonno Mario Agostino, antifascista, anarchico, operaio dell’arsenale, scampato ai rastrellamenti nazisti nascosto dentro un tronco d’albero, in quella camicia bianca vedo il candore di chi stava dalla parte del giusto, e la forza silenziosa, umile, santa di chi in quegli anni post bellici ha letteralmente ricostruito il nostro paese, i tessuti muscolari della democrazia, della convivenza civile, del diritto.

La Liberazione è una camicia bianca,
è amore del luogo dove sei nato,
è forza umile e silenziosa e santa.

Rivedo la mia stempiatura esatta in quella di mio nonno, il programma genetico che prosegue, si attiva, prende corso, si replica, e la posterità che io sono come un replicare (siamo replicanti quindi? “Vecchiaia – inizia il grande Mimetismo”, direbbe Valerio Magrelli) ma nella somiglianza di postura, di espressione si demarca – allo stesso tempo – in me uno scarto, una distanza: sono consapevole di non avere affatto la forza di mio nonno; stavo per scrivere l‘integrità di mio nonno, ma temevo che la parola potesse contenere troppo il riverbero di un giudizio morale (perché è sempre difficile parlare male di se stessi, in fondo) ma “integrità” è la parola giusta per indicare la corrispondenza esatta tra vita interiore e vita esteriore, tra valori e azioni (oggi diremmo “coerenza”). Sono nato 70 anni dopo lui, ed è l’unico alibi che trovo per giustificare la mia identità, raccogliticcia e friabile.

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