Nelle case dei poeti – Alessandro Agostinelli

La mia vita si è dispersa in vari luoghi. Se li elenco (Follonica, Pisa, San Francisco, Livorno, Milano, Venezia, Roma, Firenze) mi rendo conto di quante occasioni abbia perduto per mettere radici. Per questo, forse, tutto di me appartiene a una specie di incerta “seconda patria”, mobile e continua. Ho scoperto, nel tempo, che la mia casa sono soltanto le persone che amo, e che non ho alcuna passione, malinconia, desiderio delle abitazioni, dei posti fisici. Per questo l’unica casa che infine ho comprato è rimasta per sempre con le scatole del trasloco in mezzo alle stanze, come fosse un magazzino. Ancora oggi ho più di una casa dove dormo, mi lavo, mangio, vivo.

Tuttavia c’è un luogo che mi affascina. È un posto piccolissimo, ridotto, un dettaglio di luogo. È tutto ciò che sta intorno all’abat-jour della scrivania di via Cattaneo, e in particolare i bicchieri e le tazze con dentro le penne e i miei lapis, alcuni dei quali sono con me da decenni. Mi è sempre sembrata bizzarra questa fedeltà della grafite, questa perseveranza del legno: strumento primario di scrittura, vita d’esercizio duratura.
A loro dedico una poesia che potrei intitolare “In tempo”.

ho qui con me dei lapis
amici dal liceo.
proseguono a scrutare
i libri dalla punta
più corta di grafite.

tutto quel che conservano di mio
è andato temperato dentro al cesto,
più li appunto più portano con loro
le nebbie e le schiarite dei miei sogni.

svanire dunque all’ora
è segno di sapienza?

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