Pedro Aguayo Ramirez

Vorrei scrivere qualcosa su Rey Mysterio che colpisce a morte Pedro Aguayo Ramirez, perché non ho ancora letto, al di là della semplice cronaca della tragedia riportata in molti siti (ad esempio qui) e mostrata in video, alcuna riflessione di tipo “massmediologico” sull’accaduto: la “frattura” di un immaginario potente in cui realtà e finzione convivono in modo costitutivo.

Tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, cioè quando io e i miei coetanei frequentavamo ancora le scuole elementari, in quelle scuole i gabinetti dei maschi (mi pare fossero divisi, a quel tempo, da quelli delle femmine…) erano diventati tutti dei potenziali ring di wrestling. La “lotta libera americana”, come forse impropriamente l’italianizzavamo al tempo, ci arrivava per due canali contemporanei, come in stereofonia, da Occidente e da Oriente. I cartoni animati dell’Uomo Tigre, prima serie, in Italia dal 1982, dall’estremo Est; gli incontri di “catch” di Hulk Hogan, André The Giant, Antonio Inoky e di “Macho Man” (Randy Savage)  da Occidente, trasmessi nelle libere tv berlusconiane. Ricordo che il termine “wrestling” non si era ancora diffuso nel linguaggio comune, come accadrà a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, e parlavamo, nei bagni della Scuola Elementare Eugenio Chiesa di Avenza (Massa-Carrara) di “Catch”, rischiando rotule, gomiti, zigomi e scatole craniche in incontri clandestini, durante l’ora di ricreazione. I nomi dei campioni sopra citati erano, per noi, quelli di divinità mitologiche, dei di un olimpo fatto di calci volanti e prese al collo…

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