Il marchio nella retina


Il marchio è nei nostri occhi. E’ il “vedere come”. Non occorre che il brand in quanto tale, il logotipo coi colori svedesi, il font, le lettere, nulla, appaia più in alcun modo perché il codice è già stato perfettamente introiettato e il “gusto” (le faccine, i colori, i decori, le stoffe) viene riproiettato – da noi stessi – sugli oggetti. La forza di questa campagna di comunicazione (che spero non sia stata consentita a costo zero ad un colosso globale come questo…) sta proprio nella geografia dei nostri stessi sguardi.

Il confine tra installazione d’arte contemporanea e marketing è superato da tempo, e spero che i writer attivi a Pisa colgano l’occasione per personalizzare ogni interstizio di tessuto lasciato libero (la corda cappio, le faccine, le forme geometriche offrono ampie possibilità di personalizzazione). Così come spero che gli studenti che, nel nostro ateneo, studiano filosofia, estetica, comunicazione e storia dell’arte colgano occasione per riflettere e produrre pensiero su queste affissioni, sul processo retinico che attivano. E, soprattutto, sull’impianto ideologico (davvero potente ed efficiente) che sostiene la colla con la quale sono state fissate tra loro queste stoffe.

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