Eppure il fiume talvolta può uccidere, scavalcando ogni argine
in un’estroflessione del suo corso.
Anche questa è natura, molestata dall’uomo, che si vendica.
Così la quieta vena cristallina diventa un serpente di fango
che dentro le sue spire trascina via ogni cosa.
Ricordo ancora una notte sul Lungarno,
per vedere la massa d’acqua scura
sfiorare i parapetti.
Aveva smesso di piovere, oramai,
e quella immensa biscia luccicava, nera,
torcendosi sotto le arcate,
guizzando via da Pisa.
(Valerio Magrelli, IX. Tracimazioni, in “Il sangue amaro”, Einaudi 2014, pp. 109-110