Samurai

In un immortale film di Luciano Salce, il primo Fantozzi  (1975) di Paolo Villaggio, nell’episodio della cena al ristorante giapponese con la signorina Silvani, alcuni samurai, appositamente appostati e preposti al compito, amputavano di netto le mani dei malcapitati clienti che si fossero azzardati a toccare il cibo con le dita e non con le tradizionali bacchettine di legno (qui la scena). Analogamente, per molto tempo, ho immaginato un identico trattamento da riservare a chi s’impegna nel gesto di mimare nell’aria, con indici e medi delle due mani, ipotetiche virgolette intorno alla parola, o alla frase, appena pronunciata se non, addirittura, alla stessa espressione “tra virgolette” (ridondanza stigmatizzata qui anche da Vivian Lamarque). Un gesto coverbale, mimetico-pittografico, col quale alcuni accompagnano la già discutibile circoscrizione di senso che le virgolette (occorrerebbe, forse, averne un numero finito pro capite da usare nella vita) portano con sé.

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