Cotto e narrato (1)

cotto e narrato

(…) l’italiano è abituato ad una cucina eminentemente emotiva, domestica, che usa come ingredienti madri, mogli, zie, antenati, cugini e amici; è una cucina rilassante, euforica, dialettale, un rito del clan, con piatti da pregustare, da prevedere, da pianificare; è anche una cucina di ascendenze semplici e rettilinee. [Giorgio Manganelli, Cina e altri orienti, Adelphi, p. 42]

Di una cucina “dialettale” in confronto ad una parlata gastronomica più “nazionale” ne scrivo in un piccolo racconto autobiografico, dedicato alle mie nonne – dal titolo Nella cucina delle nonne (lungo un parallelo ligure-toscano) che uscirà tra qualche giorno nella bella antologia “Cotto e narrato” (Felici Editore) curata da Fabiano Corsini. Ne trascrivo qui un piccolo brano, come anticipazione:

Così, a me pare che le loro lingue gastronomiche risentissero di questa differenza, e che il “composto vivente” dato dal rapporto tra gastronomia, lingua e territorio fosse in Fillide molto più presente in senso ancestrale, arcaico, territoriale e in Amelia, invece, più distaccato da lei, più consapevole, più funzionale, più “nazionale”. Gli spaghetti al pomodoro che Amelia preparava amorevolmente ogni giorno per Gino, per intenderci, erano cucinati “in italiano”. Le verdure ripiene, fatte al forno, che Fillide adagiava nella teglia sopra un letto di patate, invece, erano cucinate “in sarzanese”.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>