e non ci indurre in tentazione

Immagine di La persecuzione del rigorista

[...] Potremmo dire, allora, che “La persecuzione del rigorista” è, in realtà, una sottile allegoria sul rapporto tra creatore e creatura: “…e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male“, recita il “Padre Nostro”. Il racconto di Ricci è l’esatto rovesciamento di questa parte del Padre Nostro. Una specie di teorema, geometrico, per rovesciare la preghiera più essenziale della cristianità. Perché Dio dovrebbe indurci in tentazione? Il prete si esercita sul piccolo esperimento sociale di Chiavalle e Chiamonte come un Dio onnisciente e dispettoso: il confessionale diventa tribunale delle coscienze, e non a caso è citato dal prete proprio come fonte di onniscienza su un microcosmo, micromondo che è la società malata del paesino. Malata poi di cosa? Malata di umanità. L’uomo è corruttibile per sua stessa natura. Non c’è salvezza, non c’è pietà, non c’è speranza, non c’è carità. Perché non c’è fede. Ricci, talvolta, calca forse un po’ troppo la mano nella sua tesi di ottenebramento complessivo delle coscienze (ad esempio il suicidio del maresciallo è un poco posticcio e artificioso rispetto allo scorrere delle cose…). La persecuzione del rigorista è la persecuzione di Giobbe, è la cacciata di Adam: è l’eterna comprensione/incomprensione tra Artefice e libero arbitrio guidato dall’intreccio di paure, speranze e pulsioni. [...]

Spero di trovare qualche rivista on line di buon cuore che voglia ospitare la mia interpretazione “morale” dell’ultimo libro di Luca Ricci. Qui sopra un estratto essenziale.

2 thoughts on “e non ci indurre in tentazione

  1. Ha scritto un altro libro? Io ancora devo lasciargli il commento ai due che ho letto, l’avevo promesso, ma… mi sono accorta che non sono in grado di scrivere commenti sui libri.

    Mat, chi cerca trova, tu si che dai sempre interessanti interpretazioni dei libri, tanto che leggendo quello che scrivi tu spesso invoglia a leggerli.

  2. Pingback: una voce legge il tuo sito

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