Ad alta voce e in movimento

Si potrebbe dire che la lettura ad alta voce della poesia (non la recitazione) sia la “prova di carico” di un verso. Tu prendi un camion, lo riempi a pieno carico e poi lo fai passare sopra un ponte. Se il ponte non crolla supera il collaudo. Ora, come si collaudano i versi se non leggendoli a voce alta? E’ un’ipotesi.

Si potrebbe pure pensare che ci sia una qualche scrittura poetica che programmaticamente non preveda alcuna traduzione fonetica, ad alta voce, e che sia pensata solo per un “tacite legere“, per una lettura silenziosa? E come sarebbe fatta una poesia scritta e pensata solo per essere declamata interiormente e non sonoramente? E’ un’ipotesi. Le letture a voce alta, e video, che alcuni amici stanno riservando alle mie poesie ciclabili sono non soltanto un regalo, per me, ma anche un momento di riflessione e “prova di carico” di quello che ho scritto. Qui potrei utilizzare l’interna metafora ciclistica e dire che la lettura a voce alta dei versi ciclabili è una prova di elasticità dei telai che sono i versi ciclabili stessi.

Così mi sto accorgendo, lettura dopo lettura, che quello che ho scritto regge abbastanza bene la lettura a voce alta ma che nella lettura a voce alta non trova piena realizzazione. Manca ancora qualcosa. Non so perché ma io immagino tutte le poesie dedicate alle biciclette come lette “in movimento”. Non pedalando, ma comunque in movimento. Mi sto accorgendo che andrebbero lette seguendo il ritmo di un lento camminare, un vagabondaggio urbano, osservando qua e là.

Tanto che a me sarebbe piaciuto, per ognuna, dare indicazioni/suggerimenti di lettura (in una, Ruggine, ho scritto qualcosa del genere come nota: “da leggersi ruotando sempre più lentamente le braccia come impugnando immaginari pedali). Fermo restando la possibilità, che ogni lettura ad alta voce offre al lettore, di re-inventare totalmente il testo e completare, proprio attraverso la re-invenzione individuale, un senso del testo stesso.

Ricordo che mio fratello, da piccolo, piegò le forcelle anteriori di una bicicletta di nostro padre, una bici color caramello metallizzato. Era ormai grande e il suo peso, sul seggiolino metallico fissato al manubrio, aveva fiaccato la resistenza del telaio. Ora quei seggiolini non usano più: hanno lasciato il posto a plastiche poltroncine finlandesi da fissare sui portapacchi posteriori.

Sul tema vedi anche:

6 thoughts on “Ad alta voce e in movimento

  1. Secondo me, qui lo dico e qui lo nego, c’è UN SOLO modo di leggere ogni singola poesia, e quel modo è sempre uguale, sia se la leggi ad alta voce sia se la leggi mentalmente: se prima o poi lo trovi, bene, se no vuol dire che quella cosa sembrava una poesia ma in effetti non lo è. Io almeno mi regolo così, e mi son sempre trovata bene. Va da sé che per me “poesia” significa una cosa sola, che non so spiegare che cosa, eccetera.
    A margine: chi ti impedisce di leggere pedalando? e poi ancora: ho visto sghembo leggere i suoi versi camminando da fermo.

  2. In effetti ho proprio letto pedalando da fermo, in un video. Ma sono un lettore pessimo.

    Nel dibattito su poesia e performance che ho segnalato si trova questa frase: “Il destino della poesia è la voce. E la voce è, della poesia, il suo limite e la sua necessità”. Non so se sono d’accordo.

  3. Qui invece dico (e confermo) una banalità ben poco poetica: il destino della poesia è nel suo mezzo. Intendo: se la poesia nasce come parola scritta su carta, la voce (o rumore?) deve essere solo quella prodotta dalla capacità propria (se c’è) della parole di fluire e rimbalzare negli occhi, nella mente, nell’anima di chi la legge. Il resto è altro. Magari anche apprezzabile, bello, persino sublime. Ma inevitabilmente altro.

  4. Pingback: Letteratura per voci sintetiche » Colti sbagli

  5. Salve

    in questo momento così cupo dal punto di vista della convivenza civile

    vi voglio segnalare un romanzo che è da poco uscito per Feltrinelli e che si inserisce perfettamente nelle tematiche del vostro stile di festival.

    Si tratta de “IL CIRCO CAPOVOLTO” DI MILENA MAGNANI che ho visto presentato in forma di spettacolo con attore e fisarmonicista gitano. E’ stata una presentazione molto affascianante e quasi visionaria e vi allego in proposito una scheda recensione:

    Finalmente un romanzo che guarda alle arti circensi con uno sguardo che attraversa il tempo, uno sguardo che parte dal mondo di oggi e ogni tanto si volge indietro per mettere a fuoco la storia dura e complessa di tante famiglie europee di spettacolo viaggiante che hanno subito nel tempo infinite discriminazioni fino a finire nei campi di stermino, durante la seconda guerra mondiale, insieme alla più ampia categoria definita degli asociali con istinto al nomadismo.

    Con un linguaggio assolutamente originale, duro ma al tempo stesso

    visionario e evanescente, la Magnani ci racconta come a morire ad Auschwitz Birkenau ci siano stati tanti saltimbanchi, giocolieri, clown, funamboli, acrobati. E nel compiere questo atto di memoria e ci invita a guardare negli occhi il passato con la consapevolezza di quanto sia importante comprenderlo per poter affrontare con civiltà il mondo interculturale di oggi.

    E’ proprio questo sguardo sul passato che ci consente di valorizzare il destino di mestieri, quali quello degli artisti di strada, giocolieri, acrobati, ecc. che possono ancora avere un profondo valore in una società altamente complessa come la nostra.

    E’ proprio il protagonista del romanzo, Branko Hrabal, ungherese discendente da una famiglia di circensi a trovarsi investito di questo compito.

    Lui arriva in una baraccopoli alla periferia di una delle nostre città italiane, arriva portando con sé un carico di scatoloni in cui è contenuta una parte degli attrezzi appartenuti al circo di suo nonno, Kék Cirkusz, il circo azzurro.

    Raccontando ai bambini delle baracche la storia di questo magico circo e affidando loro i materiali che ha recuperato, riesce a restituire ai bambini la passione per il gesto circense, quel gesto che, in un contesto di degrado e difficoltà sociali, diviene gesto di riscatto e restituzione di dignità sociale, come ci insegna tutta la nuova esperienza europea di circo sociale.

    E’ importante anche sottolineare che, essendo il romanzo ambientato in una baraccopoli, metta a fuoco il convivere di persone di diverse etnie che si devono confrontare e misurare su ciò che li unisce e non su ciò che li divide. Molto interessante è il fatto che l’autrice, oltre alla narrazione in lingua italiana, abbia lasciato idiomi riferibili a cinque diversi ceppi linguistici (non solo albanese, ma anche rumeno, ungherese, Ceko, romanes) e che non abbia sentito il bisogno di metterne la traduzione in italiano a fondo pagina. Quasi a dirci che il senso della storia, e quindi di una trama comune, in un mondo come quello di oggi si deve afferrare al di là che dei personaggi e delle loro culture non si capisca tutto fino in fondo. Le differenze che qui vengono descritte non sono ostacolo ma solo elementi normali della vita intorno a cui si adatta una volontà di comunanza.
    Come scrive Erri De Luca “La resurrezione è un tendone ripiegato, da montare di nuovo. Qui siamo tra giostrai, gente che non dimentica. Accompagna la storia una lingua sorella gemella della musica”

    forse conoscete già il romanzo inquestione, ma in caso contrario, spero di avervi fatto una segnalazione preziosa.

    cosimo Specolizzi

  6. Ti piacerebbe recitare ?
    Ti senti portata a declamare una poesia?
    Ti va di farlo per una delle mie storie?
    Ebbene è possibile, scegli una poesia e interpretala a tuo piacimento, dopo una mia verifica sarà pubblicata sulla pagina a fianco della poesia stessa. Nel documento apparirà il nome dell’interprete. Oltre al mio sito la tua declamazione apparirà anche su you tube.
    Chissà se questa interpretazione rappresenterà la nascita di una nuova artista. Te lo auguro e ti ringrazio.
    http://www.poesiemascitti.it/declamazione.php

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>